Arrivati al Keio Plaza Hotel abbiamo finalmente realizzato: siamo in viaggio di nozze.
L'hotel è... wow. E' stato uno dei primi grattacieli di Tokyo, ha quarantacinque piani, quasi 1500 camere, centri congressi, una dozzina tra bar, ristoranti e lounge, ha addirittura la "Hello Kitty room"... eh ragazzi, è o non è giapponese!
All'arrivo abbiamo subito notato la spropositata gentilezza dei concierge e delle signorine giovanissime in stage che caricavano le valigie sui carrelli e ti accompagnavano in camera dove, con dovizia di particolari anche inutili e con un inglese che ... ehm... (forse saranno state la stanchezza e lo spaesamento ma capivo una parola su dieci), ti spiegavano ogni anfratto e ogni segreto della stanza.
La nostra era al ventiduesimo piano, con vista sul municipio di Tokyo, che è questa belva qua:
Che, tanto per intendersi, non entra in nessuna fotocamera che non abbia un obiettivo specifico...
Tra le meravigliose meraviglie della nostra camera stile anni '70 abbiamo apprezzato in particolare:
LO YUKATA!!!
(la versione estiva del kimono)
In ogni stanza d'albergo che si rispetti, in Giappone, vengono messi a disposizione degli ospiti, oltre che le ciabattine, lamette, elastici, dentifrici, spazzolini etc. d'ordinanza, anche queste tuniche leggere in cotone che mi hanno subito entusiasmato (notare il selfie d'obbligo con i capelli spettinati dal lungo viaggio, ma niente in confronto a come sarebbero stati nei giorni successivi) e che ho indossato in men che non si dica!
IL MITICO WC TOYO!
Non potete nemmeno immaginare l'esperienza ultrasensoriale di fare i vostri bisogni qui, se non l'avete mai provato.
Lo so l'argomento è abbastanza trash, ma la cultura e l'efficienza giapponese passano anche di qui. Innanzitutto la tavoletta è riscaldata. E fa un certo piacere. Sì, anche a luglio.
Poi, quei tasti alla sinistra di chi è seduto: servono a regolare i getti di acqua e aria a seconda che voi siate maschietti o femminucce, a seconda che voi abbiate fatto pipì o pupù. E non sbagliano mira. Mai.
Una delle cosa che ci ha maggiormente colpito del Giappone è la pulizia. Degli ambienti, esterni ed interni, delle persone, di tutto. I wc nei locali pubblici li abbiamo sempre trovati puliti. Sui treni ho visto con i miei occhi inservienti che alla stazione di Tokyo sostituivano i poggiatesta dei sedili. E la cosa più strana in assoluto è che non ci sono i cestini della spazzatura in giro: non ci sono i cestini e non c'è nemmeno la spazzatura. Se non sai dove buttare, porti a casa e butti lì. Mai nessuno butta in terra. I cestini li hanno fatti sparire dopo l'attentato alla metropolitana di Tokyo del 1995, per scoraggiare tentativi futuri, e da quel momento tutti buttano a casa propria i rifiuti.
Subito dopo aver posato le valigie, seppure con gli occhi che bruciavano di stanchezza e le ossa a pezzi, la mia intenzione era di cominciare subito ad esplorare, anche per prendere il giro con il fuso orario (otto ore di differenza non sono poche da digerire).
E così dopo poco ho svegliato Lui (che era nuovamente sprofondato nel sonno) e sicura come non mai ho sentnziato: "Adesso prendiamo la metro e andiamo ad Harajuku e a Shibuya!".
"Prendiamo la metro?"
"Sì!"
"Sì!"
"E dove si prende?"
"Non lo so, la troveremo, abbiamo la mappa!"
"Non lo so, la troveremo, abbiamo la mappa!"
"E andiamo dove?"
"Ad Harajuku, il quartiere delle mode giovanili!"
"E dov'è?"
"Eh non lo so ma la troveremo, abbiamo la mappa!"
"Eh non lo so ma la troveremo, abbiamo la mappa!"
"Se lo dici tu...".
La stazione di Shinjuku, la stazione più frequentata del mondo con oltre 150.000 persone che vi transitano ogni ora, snodo importantissimo dove ci sono binari dedicati ai treni ed altri alla metropolitana, era a solamente tre, forse quattro minuti a piedi dal nostro albergo, ma noi naturalmente ci abbiamo messo almeno mezz'ora per trovarla.
E dopo non è andata molto meglio.
Ci siamo trovati fermi come baccalà con la mappa in mano e la faccia a punto interrogativo in mezzo a triliardi di efficientissimi Giapponesi che camminavano alla velocità della luce da un punto all'altro della stazione, senza sapere quale dei millemila tunnel prendere, quale delle linee colorate scegliere, quale bottone schiacciare delle macchinette automatiche che, benché (almeno quelle!) dotate di una misera traduzione in inglese, rimanevano alquanto sibilline.
E' stato lì che un vecchietto simpatico, parlante solo giapponese ma volenteroso, si è impietosito e a gesti ci ha fatto fare il biglietto e portato fino al binario giusto! Che sempre sia lodato!
Cioè sono proprio così, loro, i Giapponesi: gentili fino all'inverosimile, d'aiuto anche se non richiesto. Ed estremamente rispettosi del prossimo: lungo i binari della metro, tutti rigorosamente in fila indiana in corrispondenza delle aperture delle porte. Che non si fermano lì, più o meno. Si fermano lì, punto.
Ho constatato che è proprio vero: nella metro si "spengono". Si siedono e puff! Cadono in un sonno profondo, con le teste ciondoloni, salvo alzarsi improvvisamente alla loro fermata. Oppure si infilano le cuffie nelle orecchie, o smanettano con i cellulari. Non parlano, non urlano, come noi, i loro cazzi al telefono, non chiacchierano nemmeno tra di loro, non si disturbano.
A Tokyo vivono 13 milioni di abitanti, e se aggiungiamo i pendolari che la raggiungono ogni giorno per il lavoro, arriviamo a 15,5 milioni. QUINDICIMILIONIEMEZZO di persone in una sola città. Eppure non c'è caos. C'è una marea, ordinata, pulita, oserei dire silenziosa, di persone. Il rispetto e la buona educazione dei suoi abitanti sono l'ingrediente fondamentale perchè questo gigante urbano funzioni perfettamente.
E poi Tokyo è una città estremamente sicura. Siamo rimasti allibiti di come i Giapponesi nei locali lascino tranquillamente incustoditi i loro effetti personali, inclusi tablet e cellulari ultima generazione, sulle poltrone, sui tavolini, per andare al bagno o per andare a ordinare. Nessuno osa nemmeno guardarle, quelle cose, come potenziale refurtiva.
Harajuku è una via, fondamentalmente, costellata di negozi kitsch, dove i giovanissimi si affollano in cerca dell'accessorio giusto che li distingua tra la folla (e che, nella migliore delle ipotesi, agli occhi di un occidentale, li renda ridicolerrimi).
Dopo Harajuku ci siamo spinti fino a Shibuya, che è il quartiere dei grandi centri commerciali, dei megaschermi pubblicitari, dei lovehotel, di Hachiko (di cui c'è una statua un po' sfigatella, a dirla tutta) e della moda cheap, dove c'è il famoso incrocio di fronte a Shibuya 109, in cui, quando i semafori sono rossi, attraversano centinaia di persone da ogni lato della strada, in lungo, in largo e anche in obliquo!
In Giappone, ed in particolare a Tokyo, non è difficile scegliere cosa mangiare, perchè al di là della scelta esagerata offerta dalla megalopoli, quasi tutti ristoranti "medi" espongono in vetrina delle riproduzioni in plastica delle loro specialità, come questa:
E anche i menù forniti ai tavoli (fortunatamente) hanno le fotografie.
Non è che c'è poca scelta, è che i ristoranti in Giappone sono specializzati. In sushi, in ramen, in udon, in curry.... Questo era specializzato in ... ehm ... cotolette fritte fritte fritte, riso e cavolo verza crudo. Il piatto ideale per l'impiegato che deve mangiare velocemente, economicamente e sufficientemente per affrontare una lunga giornata di lavoro.
La prima sera, completamente a pezzi e con il cervello in pappa, totalmente incapaci di trovare un posto che ci ispirasse per la cena e soprattutto di ordinare da mangiare, siamo finiti in un ristorante a Shinjuku, attirati dal fatto che non avesse i fritti in vetrina e una parvenza di personale parlante inglese, e abbiamo mangiato come veri uccellini delle porzioni mignon di spiedini di pollo praticamente crudi e pallette di riso avvolte nelle alghe.
Ma come primo giorno, è stato un grandissimo risultato!
E' stato lì che un vecchietto simpatico, parlante solo giapponese ma volenteroso, si è impietosito e a gesti ci ha fatto fare il biglietto e portato fino al binario giusto! Che sempre sia lodato!
Cioè sono proprio così, loro, i Giapponesi: gentili fino all'inverosimile, d'aiuto anche se non richiesto. Ed estremamente rispettosi del prossimo: lungo i binari della metro, tutti rigorosamente in fila indiana in corrispondenza delle aperture delle porte. Che non si fermano lì, più o meno. Si fermano lì, punto.
Ho constatato che è proprio vero: nella metro si "spengono". Si siedono e puff! Cadono in un sonno profondo, con le teste ciondoloni, salvo alzarsi improvvisamente alla loro fermata. Oppure si infilano le cuffie nelle orecchie, o smanettano con i cellulari. Non parlano, non urlano, come noi, i loro cazzi al telefono, non chiacchierano nemmeno tra di loro, non si disturbano.
A Tokyo vivono 13 milioni di abitanti, e se aggiungiamo i pendolari che la raggiungono ogni giorno per il lavoro, arriviamo a 15,5 milioni. QUINDICIMILIONIEMEZZO di persone in una sola città. Eppure non c'è caos. C'è una marea, ordinata, pulita, oserei dire silenziosa, di persone. Il rispetto e la buona educazione dei suoi abitanti sono l'ingrediente fondamentale perchè questo gigante urbano funzioni perfettamente.
E poi Tokyo è una città estremamente sicura. Siamo rimasti allibiti di come i Giapponesi nei locali lascino tranquillamente incustoditi i loro effetti personali, inclusi tablet e cellulari ultima generazione, sulle poltrone, sui tavolini, per andare al bagno o per andare a ordinare. Nessuno osa nemmeno guardarle, quelle cose, come potenziale refurtiva.
Harajuku è una via, fondamentalmente, costellata di negozi kitsch, dove i giovanissimi si affollano in cerca dell'accessorio giusto che li distingua tra la folla (e che, nella migliore delle ipotesi, agli occhi di un occidentale, li renda ridicolerrimi).
Dopo Harajuku ci siamo spinti fino a Shibuya, che è il quartiere dei grandi centri commerciali, dei megaschermi pubblicitari, dei lovehotel, di Hachiko (di cui c'è una statua un po' sfigatella, a dirla tutta) e della moda cheap, dove c'è il famoso incrocio di fronte a Shibuya 109, in cui, quando i semafori sono rossi, attraversano centinaia di persone da ogni lato della strada, in lungo, in largo e anche in obliquo!
In Giappone, ed in particolare a Tokyo, non è difficile scegliere cosa mangiare, perchè al di là della scelta esagerata offerta dalla megalopoli, quasi tutti ristoranti "medi" espongono in vetrina delle riproduzioni in plastica delle loro specialità, come questa:
E anche i menù forniti ai tavoli (fortunatamente) hanno le fotografie.
Non è che c'è poca scelta, è che i ristoranti in Giappone sono specializzati. In sushi, in ramen, in udon, in curry.... Questo era specializzato in ... ehm ... cotolette fritte fritte fritte, riso e cavolo verza crudo. Il piatto ideale per l'impiegato che deve mangiare velocemente, economicamente e sufficientemente per affrontare una lunga giornata di lavoro.
La prima sera, completamente a pezzi e con il cervello in pappa, totalmente incapaci di trovare un posto che ci ispirasse per la cena e soprattutto di ordinare da mangiare, siamo finiti in un ristorante a Shinjuku, attirati dal fatto che non avesse i fritti in vetrina e una parvenza di personale parlante inglese, e abbiamo mangiato come veri uccellini delle porzioni mignon di spiedini di pollo praticamente crudi e pallette di riso avvolte nelle alghe.
Ma come primo giorno, è stato un grandissimo risultato!